Smart working prima e dopo il covid: trappole e opportunità del mondo che verrà

Di Arianna Lana, Roma 17/09/2021

A più di un anno e mezzo da inizio pandemia, possiamo azzardare che il Covid sia stato allo Smart Working così come le due guerre mondiali stettero all’innesto accelerato della presenza femminile nel mondo del lavoro: una rivoluzione difficilmente ipotizzabile in così breve tempo, salvo appunto un evento esterno, potente, prolungato e imprevedibile.

Da uno scenario negativo (guerra/pandemia) a uno scenario positivo (emancipazione sociale/worklife balance), ieri come oggi.

O almeno si spera.

La prima buona notizia è senz’altro quella che noi non siamo in guerra; la seconda, invece, è che la contrattazione sindacale è molto più forte oggi di allora e, di conseguenza, stiamo assistendo a un processo, lento ma inarrestabile, in cui lo Smart Working verrà via via sempre più adeguatamente disciplinato, normato e valorizzato.

Premesso ciò, il dibattito è in fieri e le tifoserie dei pro e dei contro sembrano ancora contrapposte: se innegabili sono alcuni benefici di questa nuova modalità di lavoro (ad es. in tema di work life balance), altrettanto macroscopiche lo sono anche alcune criticità, sia sociali che lavorative.

Proviamo a stilare un elenco di alcuni fra quelli che possono essere considerati i lati positivi e i lati negativi dello SW, sia per il singolo lavoratore che per la società tutta:

Vantaggi dello SW per gli smart workers e per la società:

  • Risparmio tempo/costi/energia psicofisica del tragitto casa/lavoro
  • Benefici di work-life balance
  • Riduzione del traffico e dell’inquinamento
  • Ripopolamento dei piccoli centri/borghi d’Italia

Svantaggi dello SW per gli smart workers e per la società:

  • Mancata tutela del diritto alla disconnessione (tecnostress, perdita del confine sano e necessario tra contesto lavorativo e vita privata)
  • Inadeguatezza dell’ambiente domestico (dalla logistica ai conflitti familiari etc)
  • Perdita economica (es. no buoni pasto, spese utenze domestiche, cancelleria, seduta ergonomica etc)
  • Sottostima delle implicazioni sanitarie (attrezzature domestiche inadeguate e conseguenti danni posturali etc)
  • Alienazione sociale
  • Penalizzazione/rallentamento del processo di condivisione/travaso delle competenze fra colleghi sul luogo di lavoro (vedi per es. affiancamento, training on the job etc): questo mancato processo naturale di una più agevole condivisione dell’esperienza nella modalità di lavoro in presenza si ripercuote ovviamente anche sull’azienda stessa.

Ora che abbiamo buttato giù una lista approssimativa, prima di procedere ulteriormente nell’analisi facciamo un piccolo passo indietro: qualcuno si ricorda di cosa fosse lo Smart Working in Italia prima del Covid?

Ecco, in poche parole potremmo dire che lo SW non fosse considerato né come un “premio alle mamme” e né come un premio ai fannulloni, così come talvolta una errata vulgata popolare sembra invece tendere a semplificare.

Stando agli approfondimenti dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, in estrema sintesi, il lavoro agile ante Covid era già diffuso in Italia prevalentemente in aziende private del Nord (anche se non solo) e i fruitori erano a maggioranza uomini: le aziende che lo sperimentavano avevano visto calare le assenze e aumentare la produttività.

A seconda della dimensione aziendale, di volta in volta saranno ovviamente più o meno significativi anche i risparmi legati alle voci di spesa attinenti alla gestione degli immobili (utenze, pulizia, affitti più contenuti per scelta di cubature minori etc).

Quanto sopra è per rimarcare come siano state alcune aziende, in primis, a desiderare che i dipendenti, compatibilmente con l’organizzazione aziendale, virassero o virino sullo smart working.

Con queste premesse, laddove lo SW sia funzionale sia all’azienda che ai lavoratori, la contropartita in termini di benefici deve essere necessariamente positiva per entrambe le parti.

Nelle leggi nazionali e comunitarie, così come nella contrattazione sindacale di primo e secondo livello, già da alcuni anni si è iniziata a scrivere una parziale normativa in tema di SW, tuttora in progress, che andrà sempre più definendosi in un unico corpus, racchiudendo tutte le buone prassi all’interno di un’unica legge nazionale o nei vari CCNL, per demandare alla negoziazione di secondo livello la sola definizione di ulteriori elementi di valore legati alle specificità aziendali.

In attesa che questo processo si compia, se dovessimo provare a fissare alcune e solo alcune fra le priorità negoziali, probabilmente sarebbero le seguenti:

  • Diritto alla disconnessione (già nell’ultimo CCNL Abi e in importanti accordi di settore, nonché nella Risoluzione del 21 gennaio del Parlamento Europeo e nella Legge 61/2021 di conversione del decreto-legge n. 30 del 2021): la difficoltà maggiore è quella di riuscire a metterlo effettivamente in pratica, in quanto, onde evitare che si corra il rischio, tra gli altri, del concretizzarsi di una sorta di reperibilità non retribuita H24, occorre prima di tutto che avvenga un cambiamento culturale. È più che mai urgente e necessaria la presa d’atto che il saper porre un confine tra vita privata e vita lavorativa sia un elemento basilare e indispensabile al fine di tutelare la salute delle persone, nonché indirettamente la stessa produttività aziendale. Come focus di dettaglio, si segnala tra le buone prassi il Nuovo protocollo di intenti sulle misure di contrasto e di contenimento della diffusione del covid 19 nel gruppo CDP del 29 luglio 2020: “(…) fuori dall’orario di lavoro, nei casi di legittimi titoli di assenza nonché durante le previste pause giornaliere (…) Il dipendente potrà disattivare i propri dispositivi di connessione evitando, così, la ricezione di comunicazioni aziendali. L’eventuale ricezione di comunicazioni aziendali non vincola il dipendente ad attivarsi prima della prevista ripresa dell’attività lavorativa(…)”; si segnala anche l’accordo siglato in Poste Italiane il 18 dicembre del 2020, (…) “Verrà favorita la diffusione di buone prassi di comportamento come, a mero titolo esemplificativo, la pianificazione delle riunioni all’interno del normale orario di lavoro e, di norma, con congruo preavviso, l’utilizzo dell’opzione di “ritardato recapito” nell’invio delle email aziendali (…)”. Dello stesso tenore è anche il più recente accordo siglato nel Gruppo Generali il 27 luglio scorso.
  • Buono pasto: deve diventare esigibile per tutti (al momento lo è soltanto in quei casi in cui sia previsto negli accordi di secondo livello), altrimenti si traduce in una perdita economica secca per i lavoratori.
  • Rimborso rete internet/altre utenze domestiche/cancelleria/dotazione tecnologica ed ergonomica etc: esistono previsioni di rimborso di rete internet domestica in alcuni accordi aziendali, esiste l’esperienza olandese di indennizzo ai dipendenti pubblici in Smart, in Italia con il decreto Sostegni è stato confermato fino alla fine del 2021 il bonus spese da 516 euro (fringe benefit) ai dipendenti utilizzabile anche per lo SW (es. spese sostenute per allestire l’ufficio in casa), esistono inoltre alcuni accordi aziendali che prevedono la fornitura, fra le altre, di seduta ergonomica e schermo adeguato (vedi ad es. l’accordo di Prometeon Tyre siglato a dicembre 2020).

Una menzione speciale la merita però l’accordo “Next Normal” del Gruppo Generali di luglio scorso, dove viene prevista “a decorrere dall’1 gennaio 2022, una indennità forfettaria annuale di euro 300 lordi; Inoltre, con la mensilità di settembre 2021 (…) un contributo una tantum di euro 500 lordi a titolo di ristoro per le spese sostenute nel 2021 nonché di contributo per l‘organizzazione della postazione di lavoro”.

Per ragioni di brevità, tralasciamo ulteriori analisi su altri aspetti quali riconoscimento degli straordinari, frazionabilità oraria, tutela dell’esercizio dei diritti sindacali (diritto assembleare e bacheca sindacale elettronica), tetto massimo di giornate mensili, ubicazione in luoghi diversi dal proprio domicilio, possibilità di svolgere alcune giornate in smart anche per chi fruisca del telelavoro e previsione dell’utilizzo dello SW come una delle modalità di gestione logistica del personale in caso di riorganizzazione aziendale (su quest’ultimo aspetto si veda ad es. Accordo UBI del 31/08/2018, art. 2 comma 3).

In sintesi, al momento l’analisi sembra essere semplice e oggettiva: laddove ci sia il Sindacato, lo SW si sta consolidando come un’opportunità e non come una “trappola”.

Laddove invece non ci sia il Sindacato (o dove il suo ruolo sia molto distante da quello a cui siamo abituati noi), si finisce per ascoltare proposte aziendali che parlano di decurtazioni salariali (e non di aumenti) tarate in base ai luoghi di residenza dei dipendenti (vedi Google, per esempio), oppure altre che ipotizzano di parametrare sempre più la retribuzione standard (e quindi non solo quella variabile collegata ai sistemi incentivanti) al raggiungimento di obiettivi prefissati, con il rischio evidente di ulteriori decurtazioni salariali (basta solo fissare  obiettivi difficilmente raggiungibili), oltre a snaturare completamente il concetto di lavoro subordinato così come l’abbiamo inteso finora.

Molto sarebbe da dire anche riguardo alle diverse modalità di svolgimento del lavoro da remoto, affinché quest’ultimo diventi davvero smart e non soltanto “a domicilio” ma, per ragioni di brevità, rimandiamo necessariamente queste analisi a un’altra occasione.